Tratto dal pluripremiato bestseller italiano di Paolo Cognetti, Le Otto Montagne è uno splendido e lungo dramma diretto da Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeesch che traccia un legame tra due uomini forgiati tra e dalle montagne. Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2022, il film si è aggiudicato il Premio della Giuria.
LA TRAMA
Una meditazione sulla nostra capacità di amare modella questa travolgente storia di due amici, lacerati dai viaggi della famiglia e della vita ma legati da qualcosa di più profondo
Le Otto Montagne racconta la storia di due ragazzi di 12 anni, Pietro e Bruno, che si conoscono quando la mamma e il papà di Pietro (Filippo Timi) – per allontanarsi dallo smog di Torino – giungono al villaggio di Grana per l’estate; Pietro fa amicizia con il ragazzo del posto Bruno, che sta con lo zio e la zia contadini. Vagano lontano in questo luogo magico.
Ma la loro amicizia edenica viene rovinata dai genitori di Pietro, che fanno un’offerta pesante e mal giudicata di lasciare che Bruno viva con loro nella grande città e lì frequenti il liceo. Il padre assente di Bruno si oppone a questa condiscendenza e porta il ragazzo a lavorare con lui in un cantiere edile mentre Pietro inizia una travagliata carriera studentesca borghese. Pietro non perdona mai suo padre per averli separati e per essere rimasto più colpito dal più duro e più alfa Bruno, che è un vero uomo all’aria aperta. Da quel momento decide di non parlare più con suo padre.
Anni dopo, il destino riunisce Bruno e Pietro come giovani duri e barbuti, interpretati con sottigliezza e gentilezza da Alessandro Borghi e Luca Marinelli. Dopo un inizio reticente e diffidente Bruno suggerisce, poiché nessuno dei due ha alcun lavoro, di trascorrere un’estate alpina costruendo una baracca nella valle che diverrà poi il loro luogo speciale.
Durata 147 min
Regia Felix Van Groeningen, Charlotte Vandermeersch
Cast
Luca Marinelli: Pietro Guasti
Alessandro Borghi: Bruno Guglielmina
Filippo Timi: Giovanni Guasti
Elena Lietti: Francesca Guasti
LA RECENSIONE
Una storia emozionante, epica e intima di un’amicizia ad alta quota
Questo film ricco, bello e infinitamente triste, parla dell’amicizia tra uomini che non parlano dei loro sentimenti né di vincere e perdere in quello che è il grande gioco della vita. Il racconto vive nella splendida e meravigliosamente fotografata valle alpina italiana di Aosta, che comprende le pendici del Monte Bianco e del Cervino. Ma le “Otto Montagne” del titolo si riferiscono alle otto vette più alte del Nepal: un misterioso simbolo di ambizione e conquiste mondane.
Il regista belga Felix Van Groeningen diventa più grande e più puro dei suoi precedenti lavori con l’aiuto della sua compagna di vita Charlotte Vandermeersch che, dopo aver recitato in numerosi film di suo marito, ora co-sceneggia e co-dirige insieme a lui. C’è un tale affetto in ogni fotogramma, una leggerezza (ma mai frivolezza) in cui “The Broken Circle Breakdown” e poi “Beautiful Boy” erano così soffocati dalle storie strazianti che stavano raccontando che spesso poteva essere difficile godersi la luce che trafiggeva le nuvole. Insieme sono riusciti a creare una meditazione profondamente intelligente sulla nostra capacità di amare e su come questa sia plasmato dalle esperienze arbitrarie e irreversibili dell’infanzia, e dal nostro rapporto con il paesaggio. La Valle d’Aosta è raffigurata con magnifica distesa, e van Groeningen e Vandermeersch trovano sotto di essa uno strato di tristezza, una specie di falda acquifera di lacrime.
Che aria che si respira su queste montagne! Il direttore della fotografia non poteva che fare un lavoro più mozzafiato: cattura l’epica vastità di ogni montagna con una chiarezza sbalorditiva, dove il il linguaggio visivo del film avrebbe potuto essere facilmente appiattito in uno stile documentarista del National Geographic in cui la voce fuori campo dovrebbe colorare quanto ti facciano sentire vivi queste parti del mondo.
Esperienza visiva su amicizia, amore per l'alpinismo e ricerca di un'identità.
Bruno è un personaggio avvincente che si appassiona quando parla delle montagne, ed è la sua tragedia che alla fine le preferisca agli esseri umani. Quando vengono in visita alcuni amici torinesi di Pietro e uno inizia a rapsodizzare sulla “natura”, Bruno scatta sprezzantemente che “natura” è un’idea astratta per i “tipi” di città: preferisce le solide realtà delle montagne, degli alberi e dei fiumi.
E qui quella solida realtà la si percepisce attraverso lo schermo, grazie a tutti i dettagli sinceri che lasciano trasudare dalla pellicola, come ad esempio il modo in cui la luce colpisce la vasta distesa d’acqua proprio nel modo giusto, o lo scintillio mentre ci si galleggia dentro, oppure ancora lo scorrere così chiaro e limpido dei fiumi. Quella stessa cura si estende anche ai personaggi, catturando così meravigliosamente l’idillio di gioia inequivocabile che è stata l’infanzia di Pietro e Bruno. È quello che i ragazzi di “Luca” della Pixar avrebbero avuto nella loro splendida estate insieme, è lo stesso piacere infantile che Elio e Oliver hanno condiviso in “Call Me By Your Name” quando il film li ha portati su per le montagne solo per un minuto, urlando i nomi di un altro attraverso le nuvole, prima, inevitabilmente, di dover tornare giù e fingere di non averlo mai sentito.
IN CONCLUSIONE
Questo è un film con l'aria nei polmoni e l'amore nel cuore. È spazioso e senza fretta nella sua devozione alla bellezza e a ciò che significa essere umani. Questo film ha mistero e passione, scala vette montuose e ti premia con l'opposto della vertigine: una sorta di esaltazione.
Il voto di Cinefily