Dal 2 marzo arriva nelle nostre sale “Creed III”, il terzo capitolo del franchise partito nel 2015 con “Creed – Nato per combattere” e arrivato ad incassare centinaia di milioni di dollari in tutto il mondo. Il protagonista è sempre il granitico Michael B. Jordan – nei panni dell’ormai iconico Adonis Creed – ma che in occasione di questo terzo film, debutta anche alla regia. Purtroppo, in questo capitolo non ci sarà Sylvester Stallone, rimasto nel progetto solo in veste di produttore, ma il lavoro di Jordan è stato fenomenale. Nel cast ci sono anche Jonathan Majors, Tessa Thompson, Wood Harris e Florian Munteanu.
LA TRAMA
Creed III, Michael B. Jordan supera alla grande le prove da regista e attore, regalandoci un terzo round al top
Dopo aver dominato il mondo della boxe, Adonis Creed (Michael B. Jordan) ha avuto una carriera brillante e ha una vita familiare appagante. Ora allena nuove leve e si dedica alla moglie Bianca (Tessa Thompson) e alla figlia Amara (Mila-Davis Kent). La sua vita, però, prende una direzione diversa quando Damian “Dame” Anderson (Jonathan Majors), un amico d’infanzia ed ex prodigio della boxe riemerge, dopo aver scontato tantissimi anni in prigione. Il confronto tra Adonis e Dame, dapprima pacato, avrà un’escalation di tensione che li porterà a sfidarsi sul ring.
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INFO & CAST
Durata 113 min
Regia Michael B. Jordan
Cast
Michael B. Jordan: Adonis “Donnie” Creed
Tessa Thompson: Bianca Taylor
Jonathan Majors: Damian “Dame” Anderson
Phylicia Rashād: Mary Anne Creed
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LA RECENSIONE
Un approccio registico e attoriale che mixa tradizione e modernità
Michael B. Jordan è riuscito nell’impresa. Anzi, nelle imprese perché in questo nuovo capitolo del franchise si fa in tre – attore, produttore e regista – convincendo in tutte le vesti. Le aspettative erano enormi e, soprattutto a cinque anni dall’uscita di “Creed II”, sembrava che tutto fosse già stato detto e raccontato. E invece, grazie anche alle penne di Keenan Coogler e Zach Baylin, autori della sceneggiatura, questo terzo film mescola alla grande elementi dei primi Rocky e dei primi due Creed, guardando al futuro con convinzione e approccio molto moderno, e lo si vede anche nella scelta delle location, degli attori e dal modo stesso di recitare del protagonista e del suo antagonista.
L’alchimia perfetta tra Adonis e Dame e il plot semplice ma d’effetto
La trama è molto semplice visto che gioca sulla storia del campione che ormai, appagato e felice, vive questa sorta di pensionamento molto anticipato in piena tranquillità, allenando futuri “Creed”. Pungolato da un personaggio e da errori del passato, ecco che torna alla carica, risvegliando la sua passione sopita per qualche tempo ma mai cambiata.
Tutti i pezzi del puzzle, però, funzionano alla perfezione, partendo dal granitico Jonathan Majors, lanciatissimo ad Hollywood e che abbiamo appena visto nei panni di Kang in “Ant-Man and The Wasp: Quantumania”. Il suo Dame ha voglia di rivalsa, è rabbioso e ambizioso, vuole riprendersi il tempo perso a tutti i costi, fino a reprimere i sentimenti fraterni e sinceri verso Adonis. I suoi tormenti sono ben delineati, così come la sua psicologia, cosa non da poco in questo tipo di film che, in realtà, lascia molto spazio ai comprimari e alle storie che scorrono parallele a quella principale. Bianca (Tessa Thompson), moglie di Adonis, è anche la sua coscienza, la voce che gli dice di non farsi sopraffare dalla rabbia, nonostante il fatto che anche lei stia attraversando un periodo non facile. A lei si unisce la piccola Amara (bravissima), non udente dalla nascita, e che non vuole certamente vedere il suo papà in pericolo. Tra flashback e ricordi dei protagonisti riusciamo a risalire al loro astio e alle loro questioni in sospeso e Adonis dovrà, quindi, decidere in quale ordine posizionare famiglia, ritorno sul ring e amicizia.
IN CONCLUSIONE
L’attesa di un quarto capitolo con un nuovo “Rocky” o “Adonis”
Naturalmente, non mancano le scene di combattimento sul ring tra Adonis e Dame, minori rispetto ai primi due film, ma di grandissimo impatto. Michael B. Jordan ha scelto un approccio più “patinato”, moderno e fresco, reso possibile grazie anche alla fantastica fotografia di Kramer Morgenthau e al montaggio frenetico di Tyler Nelson, che non disdegna i “rallenty”, i primissimi piani e i fotogrammi cruenti, ma senza mai mostrare sangue o cose estreme. La vera lotta tra i due si gioca veramente fuori dal ring, è molto più psicologica che fisica, ma questo non rende le dinamiche stucchevoli o “deboli”, anzi, ne esalta il valore e la profondità. Se si sente la mancanza di Sylvester Stallone? Probabilmente nei primi 20 minuti si, ma poi, quando si entra nel vivo della storia non ci si fa più caso. Si arriva al finale, forse scontato ma inevitabile, in maniera godibile e senza mai perdere l’attenzione, in attesa di un quarto capitolo che probabilmente ci regalerà qualche “guizzo” di originalità in più inserendo, magari, un nuovo “Rocky” o “Adonis” da portare sul tetto del mondo.
Il voto di Cinefily