Il napoletano Edoardo De Angelis torna nelle sale con “Comandante”, a ben cinque anni di distanza dal suo ultimo film, il premiatissimo “Il vizio della speranza”. Protagonista, stavolta, è Pierfrancesco Favino, nel ruolo del Comandante Salvatore Todaro, il celeberrimo eroe dei mari attivo durante la Seconda guerra mondiale. De Angelis racconta la storia dell’incontro/scontro tra il suo sommergibile e il mercantile Kabalo e il salvataggio dei 26 naufraghi belgi. Noi l’abbiamo visto per voi e, come al solito, prima di andare al cinema leggete la nostra recensione senza spoiler.
LA TRAMA
Il “Comandante” di Edoardo De Angelis è il simbolo perfetto di un uomo degno di questo titolo
All’inizio della Seconda guerra mondiale, Salvatore Todaro comanda il sommergibile Cappellini della Regia Marina alla sua maniera: prua rinforzata in acciaio per improbabili speronamenti, colpi di cannone sparati in emersione per affrontare faccia a faccia il nemico e un equipaggio armato di pugnale per impossibili corpo a corpo. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che in seguito si scoprirà di nazionalità belga e che apre improvvisamente il fuoco contro il sommergibile e l’equipaggio italiano. Scoppia una breve ma violenta battaglia nella quale Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini. Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”.
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INFO & CAST
Durata 120 min
Regia Edoardo De Angelis
Cast
Pierfrancesco Favino: Salvatore Todaro
Massimiliano Rossi: Vittorio Marcon
Johan Heldenbergh: Georges Vogels
Arturo Muselli: Danilo Stiepovich
LA RECENSIONE
Una storia tristemente attuale
Edoardo De Angelis cambia location, registro, epoca e stile per portarci dalla sua Napoli in mare aperto. L’input per dirigere e scrivere la storia del Comandante Salvatore Todaro gli fu dato addirittura nel 2018, quando sentì il discorso dell’ammiraglio Giovanni Pettorino in occasione della celebrazione dei 153 anni della Guardia Costiera. L’ammiraglio si riferì a Todaro come esempio di solidarietà in un periodo in cui si osteggiavano le ONG e lo sbarco dei migranti. Anni dopo, la situazione è addirittura peggiorata e quindi la pellicola di De Angelis è quanto mai (e tristemente) attuale. Il regista ha scritto la sceneggiatura con Sandro Veronesi e, per tutta la prima parte, c’è la narrazione più intima, più personale dei personaggi, quando sono ancora sulla terraferma con le loro donne e i loro affetti. C’è Rina, la moglie di Todaro (incinta) che lo ama infinitamente e sa già che ogni volta che il suo uomo parte potrebbe non tornare, ma tuttavia è piena di speranza; poi le amanti dei vari marinai, più naif e leggere, ma che comunque sono affrante per la loro partenza. Questa parvenza di “normalità” è poi spazzata via dall’imbarco di Todaro e i suoi uomini nel sottomarino, che richiama la guerra, che ci fa passare dai colori tiepidi al buio, al grigio, al ferro.
Patriottico, solidale e inclusivo, il Comandante di De Angelis affonda il ferro nemico ma salva gli uomini
Si entra, poi, nel vivo della pellicola quando Todaro decide di salvare l’equipaggio del Kabalo, destinato ad una morte sicura, e diventando una vera e propria leggenda, simbolo di autorità positiva, di eroismo ormai perduto e di mille altri ideali che non vengono più rispettati. La sua (dis)avventura è diventata il baluardo contro ogni tipo di guerra di potere, di mero abbattimento del nemico, di prevaricazione senza scrupoli perché, come dice il Comandante nel film: “Noi il ferro del nemico lo affondiamo, ma gli uomini li salviamo”. Patriottico, solidale, inclusivo, vero, crudo, fortissimo il film di De Angelis prova a farci capire e riscoprire l’importanza della nostra identità politica e nazionale (al di là delle accuse di propagandismo e militarismo veramente infondate) che dovrebbe essere sempre volta al bene, ma che va inesorabilmente a sbattere contro il muro dell’attualità, fatta esattamente degli ideali opposti.
L’immensità di Favino e del resto del cast
Pierfrancesco Favino incarna Todaro alla perfezione. Ormai le lodi si sprecano, la sua bacheca esplode di premi, il suo istrionismo è senza pari, ma è impossibile non notare, ancora una volta, la sua totale dedizione al personaggio, l’immersione completa nel dialetto veneto e nel carattere impavido ma non vendicativo di Todaro, cattolico ma incuriosito anche dallo spiritismo, coraggioso ma che si scioglie mentre scrive le lettere a sua moglie. Il suo Comandante – un uomo dalle mille sfaccettature – ci dimostra esattamente come dovrebbe comportarsi un uomo degno di questo titolo, ricorrendo talvolta a spiegoni evitabili, ma sempre di grande impatto emotivo. De Angelis è attentissimo a circondarlo di altri attori veramente bravi come Massimiliano Rossi (Vittorio Marcon, il suo “secondo”), Gianluca Di Gennaro (Vincenzo Stumpo, di Torre del Greco, quindi personaggio che richiama le sue radici) e Giuseppe Brunetti (Gigino Magnifico, il cuoco). Tra le donne, ovviamente, già abbiamo citato sua moglie Rina, interpretata dalla magnifica Silvia D’Amico ma c’è anche Cecilia Bertozzi nei panni della forte Anna.
IN CONCLUSIONE
Gli effetti speciali dell’americano Kevin Tod Haug e un team tecnico da urlo
Oltre a Favino e al cast, gli ulteriori punti di forza del film sono gli effetti speciali e un team tecnico fatto di nomi spettacolari. Disponendo di un budget di quasi 15 milioni di euro, De Angelis ha potuto avvalersi della collaborazione di Kevin Tod Haug, grandioso effettista che ha lavorato a pellicole come “Fight Club”(1999), “Panic Room”(2002), “The Twilight Saga: Eclipse”(2010) e, grazie al sostegno della Marina Militare, ha avuto pieno accesso agli archivi e al diario di bordo del sommergibile Cappellini. Lo scenografo Carmine Guarino (aiutato da decine e decine di ingegneri) ha potuto avvalersi di preziosissimo materiale originale per realizzare il mezzo, che alla fine è risultato di una lunghezza di più di 70 metri. A rendere tutto ancora più magico e credibile, ci hanno pensato il montaggio di Lorenzo Peluso; i costumi (fenomenali) realizzati dall’inimitabile Massimo Cantini Parrin; l’incomparabile fotografia del fidato Ferran Paredes Rubio e il trucco di Paola Gattabrusi e Lorenzo Tamburini. Prevediamo parecchi e meritatissimi premi all’orizzonte.
Il voto di Cinefily