É uno dei film più attesi di fine anno e finalmente a breve lo potremo vedere al cinema. “Hunger Games: La ballata dell’Usignolo e del Serpente”(“The Hunger Games: The Ballad of Songbirds and Snakes”) è diretto da Francis Lawrence ed è il prequel del film del 2012, “Hunger Games”. Il film è l’adattamento per il grande schermo del romanzo del 2020, “Ballata dell’usignolo e del serpente”, scritto da Suzanne Collins e ambientato in un futuro distopico post-apocalittico. Il trailer è semplicemente mozzafiato e ha fatto andare l’hype alle stelle. Ma ne vale veramente la pena? Leggete la nostra recensione per scoprirlo.
LA TRAMA
“Hunger Games: La ballata dell’Usignolo e del Serpente” è un prequel dal sapore techno-vintage che convince solo in parte
Molti anni prima di diventare Presidente di Panem, il 18enne Coriolanus Snow (Tom Blyth) viene scelto come mentore del Distretto 12 ai decimi Hunger Games. Il ragazzo è il rampollo di una prestigiosa famiglia e vive con la nonna (Fionnula Flanagan) e la cugina Tigris (Hunter Schafer). Purtroppo, presto si troverà a fare i conti con la decadenza del suo casato, quindi spera di fargli riacquistare prestigio con questo ruolo di mentore della bella e talentuosa Lucy Gray Baird (Rachel Zegler), tributo del Distretto 12. Snow userà il suo fascino, la sua astuzia e la sua inventiva per aiutare la sua candidata a vincere, in un confine tra il bene e il male che sappiamo bene dove lo porterà.
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INFO & CAST
Durata 157 min
Regia Francis Lawrence
Cast
Tom Blyth: Coriolanus Snow
Rachel Zegler: Lucy Gray Baird
Peter Dinklage: Decano Casca Highbottom
Hunter Schafer: Tigris Snow
Josh Andrés Rivera: Seianus Plinth
Jason Schwartzman: Lucretius “Lucky” Flickerman
Viola Davis: Dr.ssa Volumnia Gaul
LA RECENSIONE
Il ritorno alle atmosfere della saga con tocchi techno-vintage
Il mondo di Hunger Games ci mancava da ormai troppo tempo. “Il canto della rivolta – Parte 2” risale al 2015 e questo prequel, pur essendo ambientato 60 anni prima del primo capitolo, ci fa rivivere appieno quelle atmosfere particolari che hanno reso poi la saga un successo mondiale. In questa pellicola, divisa in tre atti, la regista Francis Lawrence cerca subito di ristabilire il contatto con la saga costruendo la tipica atmosfera dalle tinte grigie e verdastre, in un’epoca dal sapore techno-vintage che ci è piaciuta molto, anche se gli effetti speciali non convincono sempre. In generale, i giochi, seppur sempre spietati e all’ultimo sangue (in un’arena chiusa e alquanto asfissiante…peccato!), occupano solo una parte non lunghissima dei 157 minuti del film, dedicato per la maggior parte all’inesorabile “discesa” verso il male di Snow. Il personaggio di Lucy Gray Baird, nonostante la bravura di Rachel Zegler, già dimostrata nel remake di “West Side Story”, di Steven Spielberg che le ha fatto vincere il l Golden Globe per la migliore attrice in un film commedia o musicale, gli fa da contraltare ma il loro rapporto, la sua evoluzione e la loro relazione non è approfondita a dovere, o almeno non come nel libro. Tuttavia, la scelta si è rivelata comunque azzeccata e la mancanza di Jennifer Lawrence/Katniss Everdeen e Donald Sutherland/Il Presidente Snow si affievolisce man mano che le vicende si evolvono. Plauso per la splendida Viola Davis nei panni della Dr.ssa Volumnia Gaul e per Peter Dinklage in quelli del creatore degli Hunger Games, il Decano Casca Highbottom. Stupisce anche Jason Schwartzman nel ruolo del mago/conduttore dei giochi Lucretius “Lucky” Flickerman, divertente e terrificante allo stesso tempo.
IN CONCLUSIONE
Il focus sulla vittoria del male nell’animo di Snow
Il problema, quindi, risiede principalmente nella sceneggiatura, affidata alla coppia formata da Michael Lesslie e Michael Arndt perché, per ovvie ragioni, tutto quello che c’è nel romanzo della Collins – sottotrame e approfondimenti sulle storie dei personaggi – è stato ridotto per essere reso al meglio sul grande schermo. Il focus è la vittoria del male nell’animo di Snow, la vittoria contro l’amore, del serpente sull’usignolo, dei sentimenti spenti per la vanagloria e come si passa dall’essere preda a predatore, da vittima a carnefice (frase ad effetto: “Sono le cose che amiamo di più a distruggerci”). Tutto è teso a trasformare il gioco della sopravvivenza in uno spettacolo dove gli spettatori si appassionano se gli offri terrore e vendetta. Colpisce il plot twist finale – reso fantastico dalla fotografia di Jo Willems, dalle musiche di James Newton Howard e dalle scenografie di Uli Hanisch – che da un senso a tutta l’operazione messa su e lanciando il ponte verso i capitoli che già conosciamo, ma all’uscita della sala è impossibile non avere l’amaro in bocca pensando a quello che poteva essere e che invece non è stato.
Il voto di Cinefily