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Il decimo film da regista di Paolo Sorrentino, “Parthenope”, è ufficialmente approdato nelle sale dal 24 ottobre, dopo le anteprime di settembre. Abbiamo aspettato un po' prima di pubblicare la nostra recensione perché serviva assolutamente una seconda visione e, infatti, tutti i concetti chiave, i temi portanti e il messaggio del regista ci è sembrato molto più chiaro. Prima di andare al cinema, allora, leggete il nostro parere e poi fateci sapere cosa ne pensate.

LA TRAMA

Un viaggio lungo una vita

Il film racconta il lungo viaggio della vita di Parthenope, dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Non è una sirena, né un mito. E’ un’epica del femminile senza eroismi, abitata dalla passione inesorabile per la libertà, per Napoli e gli imprevedibili volti dell’amore. I veri, gli inutili e quelli indicibili, che ti condannano al dolore. E poi ti fanno ricominciare. La perfetta estate di Capri, da ragazzi, avvolta nella spensieratezza. E l’agguato della fine. Le giovinezze hanno questo in comune: la brevità. E poi tutti gli altri. I napoletani, vissuti, osservati, amati, uomini e donne, disillusi e vitali. Le loro derive malinconiche, le ironie tragiche, gli occhi un po’ avviliti, le impazienze, la perdita della speranza di poter ridere ancora una volta per un uomo distinto che inciampa e cade in una via del centro. Sa essere lunghissima la vita, memorabile o ordinaria. Lo scorrere del tempo regala tutto il repertorio di sentimenti. E lì in fondo, vicina e lontana, questa città indefinibile, Napoli, che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male.

INFO & CAST
Anno 2024
Durata 136 min
Regia Paolo Sorrentino

Cast
Celeste Dalla Porta: Parthenope da giovane
Stefania Sandrelli: Parthenope da adulta
Silvio Orlando: Devoto Marotta
Gary Oldman: John Cheever
Peppe Lanzetta: Vescovo Tesorone

LA RECENSIONE

L’epopea di una sirena seducente e magnetica proprio come Napoli

Sorrentino apre il suo decimo film con la celebre frase di Celine:Com’è enorme la vita, ci si perde dappertutto” ed è proprio così che si può sintetizzare il percorso della sua Parthenope, interpretata da Celeste Dalla Porta, al suo esordio (col botto) sul grande schermo. La sirena nata nelle acque della sua Napoli racconterà la sua storia che va dal 1950 a 2023 e lo farà in modo epico e sentimentale, portando avanti un’idea di libertà totalizzante. In parallelo, si sviluppa il rapporto di amore e odio con la città, Napoli, fatta di mille contraddizioni, sacro e profano, dove lo scorrere del tempo sembra apparentemente rallentare, per poi travolgerti inesorabilmente, senza nemmeno accorgersene. Il regista riabbraccia lo stile de “La grande bellezza” con lunghi primi piani su personaggi stilizzati, immobili a guardare nel vuoto o con lo sguardo fisso in camera, con lunghi e poetici piani sequenza e l’uso magistrale del rallenty e anche dei droni. Parthenope è il fulcro della narrazione. E’ una giovane seducente e magnetica che incontra vari (e strani) personaggi, quasi una sorta di Alice nel Paese delle Meraviglie che studia antropologia con il coltissimo professor Devoto Marotta (Silvio Orlando), che s’inebria con le letture dello scrittore (alcolizzato) John Cheever (Gary Oldman), che s’imbatte nell’agente delle dive Flora Malva (Isabella Ferrari), nell’ex diva Greta Cool (Luisa Ranieri), nell’armatore ed ex deputato Alfonso Santagata (Achille Lauro) fino al vescovo Tesorone (Peppe Lanzetta), colui che ogni anno è preposto al rituale dello scioglimento del sangue di San Gennaro. Il regista non si fa imbrigliare dagli stereotipi (camorra, colera, scudetto, farabutti) anzi, da ognuno di questi personaggi e dall’ambiente circostante Parthenope imparerà sempre qualcosa mentre ci fa vivere con lei – e tutta la sua anima – una spensierata estate degli anni ’70, con gli amori malinconici e passionali (Sandrino e Armando), affrontando poi anche tragedie e delusioni forti.

L’inesorabilità del tempo che passa e l’onda dei rimpianti

Tra la giovinezza e l’età adulta passeranno tanti anni ma in un lampo. Parthenope sparirà dal suo mare nel 1983 per poi ricomparire 40 anni dopo, col volto della meravigliosa Stefania Sandrelli. Disillusa, un po’ stanca, ma ancora bellissima ed emozionante come la canzone di Riccardo Cocciante, “Era già tutto previsto”, pezzo portante del film, struggente e potente, in bilico tra memoria e malinconia, tristezza e speranza. Forse era veramente già tutto previsto si, ma la Parthenope adulta accetta che “la vita sia andata così” e che il tempo non si può fermare, la sua inesorabilità ci travolge come un’onda e ci sconvolge come un terremoto. Rimpianti? Si, ma quella vita valeva la pena di essere vissuta (magari con quale dispiacere in meno) però alla fine la sua malinconia diventa paradossalmente la sua stessa forza e dai suoi errori riesce ad imparare tutte le cose fondamentali, eccetto forse il fatto di fare pace totalmente col suo passato.

Un film imperfetto ma poetico e universale

I difetti ci sono, non c’è dubbio. “Parthenope” non è sicuramente il film migliore di Sorrentino, soprattutto per quanto riguarda la sceneggiatura che è fatta di troppe frasi ad effetto e buchi che il regista non riempirà mai (ma a questo siamo abituati). Il montaggio, del bravissimo Cristiano Travaglioli, in alcuni punti sembra un tantino confuso, però in 136 minuti siamo sempre affascinati dalla brillante fotografia di Daria D’Antonio (sensazionale), dalle musiche di Lele Marchitelli (lavorone, per favore fateci caso) e naturalmente è impossibile non ricordare anche le scenografie realizzate da Carmine Guarino e i costumi di Carlo Poggioli. Insomma, alla fine ci è piaciuto il film o no? Bah, noi gli assegniamo 3 stelle su 5 perché è impossibile non apprezzarne la poeticità, i temi portanti che da personali diventano universali e la bravura del cast. Per il resto, “Parthenope” è un film molto soggettivo e, come quasi tutte le pellicole di Sorrentino, o le si ama o le si odia, oppure le si amerà dopo 10 anni.

Il voto di Cinefily

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