Finalmente, arriva nei nostri cinema l’attesissimo “La Stanza Accanto”(“The Room Next Door”), diretto da Pedro Almodóvar. Primo lungometraggio del pluripremiato regista in lingua inglese, si tratta dell’adattamento cinematografico del romanzo “Attraverso la vita”, scritto da Sigrid Nunez e ha per protagoniste Tilda Swinton e Julianne Moore. “La stanza accanto” è stato presentato in anteprima mondiale all’81ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove ha vinto il Leone d’oro al miglior film e, sicuramente, sarà protagonista dei prossimi Golden Globe e degli Oscar. Prima di andare in sala, come al solito, leggete la nostra recensione senza spoiler!
LA TRAMA
Storia di un’amicizia che non muore mai
Il film segue la storia di una madre imperfetta e di una figlia rancorosa, separate da un grave malinteso. Tra di loro, un’altra donna, Ingrid (Julianne Moore), amica della madre, è la custode del loro dolore e della loro amarezza. Martha, la madre (Tilda Swinton), è una reporter di guerra e Ingrid è una romanziera autobiografica. Il film affronta la crudeltà infinita della guerra, i modi molto diversi in cui le due autrici femminili si avvicinano e scrivono della realtà, della morte, dell’amicizia e del piacere sessuale come i migliori alleati nella lotta contro l’orrore. Ma evoca anche i dolci risvegli con il cinguettio degli uccelli, in una casa costruita nel mezzo di una riserva naturale nel New England, dove le due amiche vivono in una estrema e stranamente amabile situazione.
INFO & CAST
Durata 107 min
Regia Pedro Almodovar
Cast
Tilda Swinton: Ingrid
Julianne Moore: Martha
John Turturro
Alessandro Nivola
LA RECENSIONE
Amicizia, morte, crisi creativa ed eutanasia
Almodóvar colpisce ancora. Il 24° lungometraggio, già vincitore del Leone d’oro al Miglior film al Festival di Venezia, affronta temi a lui cari come la morte, l’amicizia, i rapporti “frantumati” tra le persone, la crisi creativa e esistenziale e anche l’eutanasia. Il regista spagnolo, però, lo fa sempre con la sua inconfondibile leggerezza, col suo tocco ironico che non stona mai anche nelle situazioni più drammatiche. Per farlo, ha scelto due premi Oscar, Tilda Swinton e Julianne Moore semplicemente straordinarie nei rispettivi ruoli. Riprendendo quasi alla lettera il libro “Attraverso la vita”, il regista si serve di Ingrid come simbolo per dar voce al fatto che tutti noi abbiamo bisogno della “condivisione”, che nessuno alla fine vuole stare da solo e di Martha per farci capire che si può andare oltre qualsiasi “rottura”, che non bisogna poi essere troppo integerrimi con gli altri e con noi stessi e che il “perdono” è sempre possibile, non solo in situazioni terminali. La parte maschile (la vecchia fiamma Turturro, il personal trainer e anche il poliziotto) non serve a nulla ed è schiacciata dai propri limiti o dal proprio ego. In nome del loro rapporto speciale, che non è mai morto ma messo in stand-by, le due amiche vanno avanti, si aiutano a vicenda e si parlano molto, in questa pellicola che ok è anche politica, ma alla fine è il sentimento che prevale, in mille sfaccettature e introspezioni, dove l’azione è ben poca.
La fine dignitosa raccontata senza catastrofismi
L’eutanasia è un tema sempre molto delicato da trattare nei film. In questo caso, che sia un concetto da vedere in maniera prettamente “politica” o meno, Almodovar lo tratta veramente alla grande, come semplice e “dignitosa fine”, senza catastrofismi o piagnistei e senza farne una questione di diritto contro cui nessuno si può opporre. La morte sarà annunciata dai cambiamenti climatici, da quella porta chiusa, e in questo la fotografia di Eduard Grau è fenomenale, come lo è per tutto il film, a riflettere gli stati d’animo delle due protagoniste. Ingrid e Martha riescono a togliere le ombre dal loro passato e a (ri)costruire un presente nuovo e inaspettato, seppur molto temporaneo, che le farà amare per sempre, anche dopo la morte, perché sarà proprio Martha a mettere i mattoni mancanti raccontando all’amica cose molto intime che, all’epoca, non erano state rivelate. I suoi segreti saranno, appunto, custoditi allora nella porta accanto. E lo saranno per sempre.
Gli autoriferimenti e le citazioni almodovariane che tanto amiamo
Naturalmente, Almodovar dissemina “La Stanza Accanto” di decine di riferimenti, citazioni e omaggi a “Gente Di Dublino”, “Gente al sole”, di Hopper; “Il mondo di Cristina”, del grande Wyeth ma anche “Viaggio in Italia”, “Lettere di una sconosciuta”, a “Persona” di Bergman, oltre ai suoi “Parla con me”, “Volver”, “Dolor y gloria”, “Gli abbracci spezzati” e “Madres paralelas”. Ovviamente, non vi spoileriamo nulla perché sarebbe un vero peccato. Ora, noi siamo fan di Almodovar e amiamo tutta la sua filmografia e, a questo punto, prima che ce lo chiediate voi, a “La Stanza Accanto” daremmo le nomination ai Golden Globe e agli Oscar come Miglior film, Migliori attrici, Migliore fotografia, Migliore sceneggiatura e Migliore fotografia. Ovviamente, non per questo bisogna dimenticarsi delle stupende musiche del fidatissimo amico del regista, il bravissimo maestro Alberto Iglesias, delle scenografie di Inbal Weinberg e del montaggio assurdo di Teresa Font, però tutte ‘ste nomination sarebbero un po' troppe. Fateci sapere cosa ne pensate.
Il voto di Cinefily