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Il visionario regista di Dune, Mulholland Drive e della serie Twin Peaks ci ha lasciato a 78 anni. il cineasta aveva annunciato, l’anno scorso, di soffrire di una grave forma di enfisema e che non avrebbe più potuto lasciare casa.

A 78 anni ci lascia il grande genio del cinema, David Lynch. Il regista è stato uno degli artisti più originali e influenti della storia del cinema e della televisione, noto per il suo stile distintivo, che mescola surrealismo, noir, horror e inquietudini psicologiche. La sua opera è riconosciuta per l’uso di atmosfere disturbanti, simbolismo criptico e una costante esplorazione dei confini tra sogno e realtà. Gli sono bastati 10 film e la serie “Twin Peaks” per entrare nella storia perché si sa, le leggende non muoiono mai.

L'infanzia e la scuola d'arte a Philadelphia

David Keith Lynch nasce il 20 gennaio 1946 a Missoula, nello stato del Montana, da una famiglia di origini anglosassoni. Suo padre, Donald Lynch, era un ricercatore scientifico, mentre sua madre, Emily St. John, era una casalinga e insegnante. Crescendo, Lynch vive in una varietà di città, grazie alla carriera del padre, che lo porta a spostarsi frequentemente. La sua infanzia, come da lui stesso dichiarato, è stata segnata da una sensazione di alienazione e da eventi inquietanti, esperienze che avrebbero poi influenzato fortemente la sua visione artistica.

Durante gli anni del liceo, Lynch sviluppa un forte interesse per l’arte, in particolare per il disegno e la pittura. Si iscrive all’Università del Montana, ma presto abbandona gli studi per trasferirsi a Philadelphia, dove frequenta la Pennsylvania Academy of Fine Arts, un’importante scuola d’arte. La sua passione per la pittura si riflette nel suo approccio visivo e estetico al cinema, dove l’immagine è spesso centrale.

I primi Lavori e la formazione cinematografica

Negli anni ’60 Lynch si trasferisce a Los Angeles, dove cerca di inserirsi nel mondo del cinema. Per sopravvivere, fa lavori occasionali, mentre coltiva la sua passione per il cinema sperimentale. Nel 1971, Lynch gira il suo primo cortometraggio, “Six Men Getting Sick”, che attira l’attenzione di alcuni critici d’arte per il suo stile bizzarro e provocatorio. Il suo approccio innovativo alle immagini e al sonoro lo fa emergere nel panorama dell’arte cinematografica alternativa.

Nel 1977, Lynch realizza il suo primo lungometraggio, “Eraserhead – La mente che cancella” (1977), un’opera surrealista che diventa rapidamente un cult. Il film è oscuro, misterioso e perturbante, raccontando la storia di Henry Spencer, un uomo che vive in un mondo distopico popolato da strane creature e inquietanti situazioni. “Eraserhead” è caratterizzato da un’atmosfera claustrofobica, una fotografia in bianco e nero e un uso sperimentale del suono, che lo rendono una delle opere più originali del cinema d’autore.

L'ascesa alla celebrità: "The Elephant Man", "Dune" e "Blue Velvet"

Dopo il successo di “Eraserhead”, Lynch ottiene la possibilità di lavorare con budget più consistenti. Il suo secondo film, “The Elephant Man” (1980), è un dramma biografico basato sulla storia di Joseph Merrick, un uomo deformato fisicamente, ma dotato di una profonda sensibilità. Questo film segna un cambiamento rispetto al suo stile precedente, essendo più narrativo e accessibile, ma mantiene l’abilità di Lynch di esplorare temi di alienazione e mostruosità. “The Elephant Man” ottiene ampi consensi dalla critica e riceve 8 nomination agli Oscar, tra cui quella per il Miglior regista.

Nel 1984, il regista accetta di girare l’adattamento cinematografico del romanzo di fantascienza “Dune”, di Frank Herbert, per conto del produttore italiano Dino De Laurentiis. Nonostante De Laurentiis speri di produrre un kolossal che ottenga grossi incassi, Dune è un fiasco sia al botteghino che per la critica: costato 45 milioni di dollari ne recupererà soltanto 27. Il montaggio del film è alterato da numerosi tagli e la versione cinematografica di 137 minuti venne ottenuta tagliando la versione originale di Lynch della durata di tre ore e mezzo, tanto da renderne la trama quasi incomprensibile. Anni dopo, sarà distribuita una versione allungata per la televisione, reinserendo alcune scene girate da Lynch. In ogni caso, questa seconda riedizione continuerà a non essere il film ideato dal regista ma una sorta di versione alterata per rendere più comprensibile la trama. Lynch si opporrà a questa operazione e non la riconoscerà. infatti, come regista viene usato lo pseudonimo Allen Smithee. Negli anni successivi, è diventato un vero e proprio cult della settima arte.

Nel 1986, Lynch torna a un linguaggio più vicino a quello di “Eraserhead” con “Blue Velvet”, un thriller noir che esplora il lato oscuro della vita suburbana. La trama segue un giovane uomo, interpretato da Kyle MacLachlan, che scopre un mondo di violenza, perversione e corruzione sotto la superficie di una tranquilla cittadina americana. Il film è famoso per la sua atmosfera inquietante, i personaggi bizzarri (come Frank Booth, interpretato da Dennis Hopper) e l’uso simbolico di colori e luci. “Blue Velvet” è ampiamente considerato uno dei suoi capolavori e un punto di riferimento del cinema degli anni ’80.

Il successo di "Twin Peaks"

Nel 1990, Lynch crea una delle sue opere più celebri, la serie televisiva “Twin Peaks”, una miscela di dramma, mistero e surrealismo. La serie segue le indagini sull’omicidio della giovane Laura Palmer (interpretata da Sheryl Lee) in una piccola cittadina dell’America. “Twin Peaks” è una delle prime serie televisive a sfidare le convenzioni del medium, con una narrazione non lineare e una profondità psicologica dei personaggi. Il suo stile unico, che mescola horror, umorismo, dramma e il bizzarro, la rende un fenomeno di culto.

“Twin Peaks” ha una durata di due stagioni (1990-1991), ma è poi seguita nel 2017 da una terza stagione che ha ampliato ulteriormente l’universo creato dal cineasta, confermando la sua influenza sulla cultura popolare.

Gli Anni '90 e 2000: "Wild at Heart", "Lost Highway" e "Mulholland Drive"

Nel 1990, Lynch torna al cinema con “Wild at Heart”, un film che, come “Blue Velvet”, esplora il lato oscuro e perverso dell’America. Il film, interpretato da Nicolas Cage e Laura Dern, è un mix di violenza, surrealismo e passione. La pellicola vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes, consolidando la reputazione di Lynch come regista di grande talento e originalità.

Negli anni successivi, Lynch continua a realizzare film caratterizzati da trame intricate e personaggi inquietanti. “Lost Highway” (1997) è un thriller psicologico che gioca con la realtà e la percezione, mentre “Mulholland Drive” (2001) è uno dei suoi lavori più acclamati, che unisce il genere noir e il mistero a una narrazione frammentata e onirica. Il film riceve il plauso della critica e vince il Premio per la miglior regia al Festival di Cannes.

Nel 2006, Lynch realizza il suo ultimo film fino a quel momento, “Inland Empire”, un lavoro ambizioso e complesso che si muove tra realtà e sogno, con una narrazione frammentata che esplora l’identità, la follia e l’intrusione del cinema nella vita quotidiana. Con una durata di quasi 3 ore, il film è un esempio della sua continua sperimentazione formale.

Nel 2017, Lynch riporta “Twin Peaks” sul piccolo schermo con una terza stagione, “Twin Peaks: The Return”. La serie, che continua la storia 25 anni dopo gli eventi delle prime due stagioni, è tanto misteriosa e criptica quanto le precedenti, ma allo stesso tempo affronta temi di tempo, realtà e identità in modo ancora più audace. Nel 2020, riceve l’Oscar onorario, ciliegina sulla torta di una carriera sfavillante e ricca di soddisfazioni.

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