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L’iconico Francis Ford Coppola è finalmente sbarcato nelle nostre sale con la sua creatura più discussa e “agognata” di sempre, lo sci-fi “Megalopolis”. Scritto, diretto e prodotto dallo stesso regista, il film è in-terpretato da Adam Driver (Cesar Catilina), Giancarlo Esposito (Franklyn Cicero), Nathalie Emmanuel (Julia Cicero), Aubrey Plaza (Wow Platinum), Shia LaBeouf (Clodio Pulcher), Jon Voight (Hamilton Crassus III), Laurence Fishburne (Fundi Romaine) e Dustin Hoffman (Nush Berman) e sta facendo discutere da tempo perché la critica specializzata si è letteralmente spaccata in due, tra chi lo ama e chi lo definisce un obbrobrio. Noi lo abbiamo visto e di seguito potete leggere la nostra recensione senza spoiler.

LA TRAMA

La città di New Rome tra due fuochi

Un artista geniale con il potere di fermare il tempo combatte contro un sindaco ultraconservatore per salvare il mondo morente e ispirare speranza. Megalopolis è un’epopea romana ambientata in un’America moderna e immaginaria. La città di New Rome sta cambiando, causando aspri conflitti tra Cesar Catilina, geniale artista e architetto che cerca di proiettarsi in un futuro utopico e idealistico progettando un nuovo materiale, il Megalon (in grado di autorigenerarsi) e la sua nemesi, il sindaco Franklin Cicero, reazionario e legato a uno status quo regressivo, avido e corrotto. Tra i due si inserisce Julia, la figlia del sindaco che, essendo innamorata di Cesar Catilina, si trova a dover scegliere in chi riporre la propria lealtà e a chiedersi cosa merita, davvero, l’umanità.

INFO & CAST
Anno 2024
Durata 138 min
Regia Francis Ford Coppola

Cast
Adam Driver: Cesar Catilina
Giancarlo Esposito: Franklyn Cicero
Nathalie Emmanuel: Julia Cicero

Aubrey Plaza: Wow Platinum
Shia LaBeouf: Clodio Pulcher

LA RECENSIONE

Una favola distopica aperta a mille interpretazioni

Questa favola distopica del maestro Coppola (85 anni portati alla grande) affonda le radici negli anni ’80, quando iniziò ad abbozzare la sceneggiatura ai tempi del cult “Apocalypse Now”, ma poi molte battute di arresto hanno fatto si che il regista riprendesse in mano le redini del progetto solo nel 2019. Allora, come molti di voi già sapranno, Coppola decise di autofinanziarselo, vendendo una parte della sua azienda vinicola in California per raggiungere il budget di 120 milioni di dollari. Ora, c’è chi ha definito “Megalopolis” un enorme disastro, un pasticcio irrisolto e caotico, un film non-sense, l’ultimo canto del cigno ma c’è anche chi lo ritiene un piccolo capolavoro onirico, un altro colpo da maestro che sarà apprezzato tra una decina di anni. In realtà, non lo si può assolutamente definire in maniera negativa. Come ammesso dallo stesso regista, l’idea primordiale per la pellicola è partita da quando, piccolissimo, vide “La vita futura”(1936), diretto da William Camern Menzies, tratto dal romanzo di H. G. Wells. Quel classico degli anni ’30, parla della costruzione del mondo di domani e lo ha sempre colpito, prima come “ragazzo che amava la scienza” e poi come cineasta. Ovviamente, è impossibile non vedere chiaramente i riferimenti al cult dei cult “Metropolis” di Fritz Lang, a “Brazil” diretto da Terry Gilliam, alla saga di “Matrix” e a “Blade Runner” di Ridley Scott con i concetti di base rielaborati e portati all’estremo, aperti a mille interpretazioni.

Idealismo contro egoismo, Megalopolis è una storia di antagonismi

La storia è fatta di antagonismi, parallelismi e simbolismi che ci colpiscono fin da subito. La faida tra Cesar Catilina (Driver) e il sindaco Franklyn Cicero (Giancarlo Esposito) si gioca nella cornice di questa New Rome, capitale degli Stati Uniti dove la sceneggiatura di Coppola spazia tra decadenza e utopia, tra potere e sesso, tra filosofia e dissenso, tra statue della giustizia e di altri ideali che si spezzano, con riferimenti a William Shakespeare, Marco Aurelio e Petrarca, giocando con infinite metafore. Il risultato è un manifesto onirico, eccessivo, maledettamente autoriale, in molte scene anche kitsch, però magnetico e visivamente di estremo impatto. Tra i personaggi “satellite” più importanti (e sviluppati) ci sono Julia Cicero (Nathalie Emmanuel, figlia del sindaco e interesse sentimentale di Cesar); l’ambiziosa e spudorata presentatrice televisiva Wow Platinum (Aubrey Plaza); l’interessante Clodio Pulcher (Shia LaBeouf), cugino viziato, vizioso e “oscuro” di Cesar – sicuramente il personaggio più riuscito di tutti – e Hamilton Crassus III (Jon Voight), milionario zio di Cesar a capo della banca di famiglia e perno fondamentale della storia. Poco sviluppati, invece, sono i personaggi di Dustin Hoffman (Nush Berman) e Laurence Fishburne (Fundi Romaine) ed è un vero peccato. Distruggere e ricostruire questo nuovo Impero Romano per ricominciare ad avere fiducia nel futuro o mantenere un atteggiamento da finti conservatori (avidi e corrotti) e trasformare la città in un enorme casinò? Idealismo e rivoluzione contro egoismo e involuzione, queste le due vie che si snodano tra drama, thriller, fantasy e romance in 138 minuti che disorientano e affascinano grazie alla stroboscopica fotografia (alla Blade Runner) di Mihai Mălaimare Jr.; al montaggio incredibile di Cam McLauchlin, Glen Scantlebury e Robert Schafer (veramente bravi); alle scenografie avveniristiche create da Beth Mickle e Bradley Rubin fino alle musiche di Osvaldo Golijov e Grace VanderWaal e ai (come al solito) magnifici costumi della nostra pluripremiata Milena Canonero.

IN CONCLUSIONE

Cosa resta all’uscita della sala? Il fatto di aver assistito forse al vero testamento su pellicola (dedicato interamente alla moglie Eleanor, mancata nell’aprile 2024) di uno dei più grandi pilastri del cinema che è riuscito veramente a portare sul grande schermo il suo desiderio parlandoci della caducità della contemporaneità sui fronti sociali, economici e politici; dell'importanza dello scorrere del "tempo"; di come la propaganda e i media possono essere estremamente fuorvianti e accecanti e che queste armi – le favorite dei cosiddetti “Illuminati” e pseudo-padroni del mondo – possono essere decisamente devastanti se usate male e di altre mille sfaccettature che la vostra mente vi porterà ad elaborare. Insomma, “Megalopolis” sarà anche barocco, confuso, disorientante, scombussolato ma vale la pena di essere visto e non di essere catalogato semplicemente come un garbuglio autolesionista.

Il voto di Cinefily

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