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“Mufasa: Il Re Leone” è il prequel del live action “Il Re Leone”(2019), a sua volta remake del blockbuster animato “Il Re Leone” (1994). Il film, targato Disney, è diretto da Barry Jenkins mentre la sceneggiatura è firmata da Jeff Nathanson. L’hype è alle stelle e il botteghino sarà sicuramente conquistato in men che non si dica anche perché le musiche sono composte dal grande Hans Zimmer e sono presenti pezzi di grandi nomi come Pharrell Williams, Elton John e Tim Rice. Occhio anche ai doppiatori italiani e internazionali. In quanto tempo sarà conquistato il botteghino mondiale stavolta? Beh, leggete prima la nostra recensione e poi andate in sala per godervi la storia del papà di Simba.

LA TRAMA

La storia di Mufasa e Taka raccontata da Rafiki

Il film racconta, attraverso Rafiki, la leggenda di Mufasa alla giovane cucciola di leone Kiara, figlia di Simba e Nala, con Timon e Pumbaa che offrono il loro caratteristico spettacolo. Raccontata attraverso flashback, la storia presenta Mufasa, un cucciolo orfano, perso e solo fino a quando incontra un leone comprensivo di nome Taka, erede di una stirpe reale. L’incontro casuale dà il via al viaggio di uno straordinario gruppo di sventurati alla ricerca del proprio destino: i loro legami saranno messi alla prova mentre lavorano insieme per sfuggire a un nemico minaccioso e letale.

INFO & CAST
Anno 2024
Durata 120 min
Regia Barry Jenkins

Doppiatori italiani
Luca Marinelli: Mufasa
Mattia Moresco: Mufasa giovane (dialoghi)
Adriano Trio: Mufasa giovane (canto)
Alberto Boubakar Malanchino: Taka
Valeriano Corini: Taka giovane (dialoghi)
Edoardo Veroni: Taka giovane (canto)
Stefano Fresi: Pumbaa
Edoardo Leo: Timon
Toni Garrani: Rafiki
Edoardo Stoppacciaro: Rafiki giovane
Elodie: Sarabi

LA RECENSIONE

L’espediente narrativo perfetto per le origini del papà di Simba

Il live-action del 2019, diretto da Jon Favreau, ha incassato globalmente circa 1.6 miliardi di dollari. Ora, le aspettative sul lavoro del premio Oscar Barry Jenkins (“Moonlight”, “Se la strada potesse parlare”) erano e sono veramente altissime. Ma Jenkins sa il fatto suo e, infatti, circondandosi di una squadra fatta solo di numeri uno, ha raccontato alla grande la storia originaria di Mufasa. Ma qual è l’espediente? Molto semplice: Simba e Nala devono temporaneamente allontanarsi dalla Terre del Branco e lasciano la loro cucciola Kiara a Timon e Pumbaa. I due, però, non è che conoscano tutte queste storielle, e quindi ad intrattenere Kiara ci penserà il mandrillo Rafiki che le narrerà la storia di suo nonno Mufasa, rimasto orfano dopo una devastante inondazione. Il leone fu tratto in salvo dal giovane principe Taka e adottato dalla famiglia reale. I due crebbero come fratelli e, in un certo periodo della loro vita, affronteranno un lungo viaggio per sfuggire al malvagio Kiros, capo di un branco di feroci leoni bianchi, per tentare di raggiungere la mitologica Milele, nel mezzo della savana.

Temi complessi raccontati in maniera semplice e diretta

Naturalmente, viene ripreso il mito di Amleto di shakespeariana memoria, riletto e rivisto e, una delle cose più avvincenti e affascinanti è proprio la storia di Taka che diventerà Scar. Ovviamente, anche il fatto che Mufasa non sia mai stato sovrano per diritto di nascita ci colpisce tantissimo, ma in realtà in molto punti della pellicola siamo stati colpiti dalla sceneggiatura di Jeff Nathanson, scritta veramente bene (grandiosi sono i dialoghi tra Timon e Pumbaa). “Mufasa” è un racconto generazionale, di formazione, molto complesso ma narrato in maniera semplice, che tratta temi come l’alleanza, la solidarietà, l’amicizia, il libero arbitrio, l’inclusività, l’emarginazione e la reazione ai soprusi in maniera semplice e diretta, senza perdersi troppo in didascalismi e spiegoni che avrebbero appesantito troppo la sua struttura. I momenti più “pesantucci” sono alleviati dalle canzoni e l’impatto visivo è veramente impressionante, anche se in alcuni punti la CGI non è perfetta (un po’ strano vedere animali che parlano e cantano con mimica umana), siamo comunque su un livello altissimo., soprattutto nelle scene d’azione e combattimento.

Impatto visivo straordinario e musiche affidate a grandi star

La regia di Jenkins è semplicemente geniale e fluidissima, rafforzata dalla fotografia di James Laxton che ci restituisce dei colori della savana assurdi e inclusivi al 100%, facendoci quasi vivere in prima persona le avventure dei leoni e degli altri animali. Il montaggio di Joi McMillon meriterebbe un Oscar perché è davvero straordinario e difficile mentre le musiche di Pharrell Williams, Lin-Manuel Miranda, Mark Mancina e Nicholas Britell sono sempre bellissime ma forse nom raggiungono le vette dei film precedenti, tantomeno quelle del film d’animazione del 1994, inarrivabile capostipite di una saga che, crediamo, andrà avanti ancora per molto tempo perché piena di personaggi su cui si potrebbero girare decine di spin-off. Prova superata per Jenkins? Decisamente si, anche perché “Mufasa: Il Re Leone” è un grande prodotto d’intrattenimento per tutta la famiglia e ne sentiremo parlare sicuramente nelle prossime grandi kermesse hollywoodiane e non solo.

Il voto di Cinefily

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