Recensione di Freaks Out (2021): nazisti tremate! Arriva nelle sale dopo tanta attesa la seconda opera del regista de Lo chiamavano Jeeg Robot. Nel cast troviamo Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi e Franz Rogowski.
Dopo il successo a sorpresa de Lo chiamavano Jeeg Robot, tentativo di cinecomic tutto italiano, Mainetti alza il tiro. Già perché Freaks Out si pone come vero e proprio kolossal rispetto allo standard delle produzioni nostrane, è un azzardo, un gettare il cuore oltre l’ostacolo che premia il suo amore e la passione per la settima arte.
Il film è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 78, e si è aggiudicato il Leoncino d'oro.
LA TRAMA
Da emarginati a supereroi
Fulvio, Matilde, Cencio e Mario sono quattro artisti, ognuno di loro dotato di un qualcosa di speciale, al punto da renderli “freak”. I quattro ogni giorno si esibiscono presso il Circo Mezza Piotta di Israel e vagano insieme di città in città mettendo in scena il proprio spettacolo. Le loro doti di intrattenere e regalare momenti di fantastica evasione per il pubblico sono uniche.
La seconda guerra mondiale si fa sempre più aspra, non lascia scampo ai deboli e agli emarginati. Così la compagnia si trova a dover affrontare la realtà e sperare in un nuovo inizio oltreoceano. Israel lascia dunque i quattro circensi alle porte di Roma per andare alla ricerca dei documenti falsi utili per l’espatrio, tuttavia l’impresario non farà più ritorno. Totalmente abbandonati a loro stessi, e senza più un briciolo di fiducia verso il futuro i quattro decidono di avventurarsi a loro volta nel cuore di una Roma occupata dai tedeschi. Qui le loro strade si intrecceranno con quelle di Franz, l’impresario del Zirkus Berlin, che mira a mettere insieme un gruppo di super uomini per guidare il Reich alla vittoria.
GUARDA ADESSO
Durata 141 min
Regia Gabriele Mainetti
Cast
Claudio Santamaria: Fulvio
Aurora Giovinazzo: Matilde
Pietro Castellitto: Cencio
Giancarlo Martini: Mario
Giorgio Tirabassi: Israel
LA RECENSIONE
Quando la finzione migliora la realtà
Il film si apre con due sequenze di altissimo cinema.
Musica, quattro freak, movenze magnifiche: Mainetti in pochi minuti mostra la contrapposizione del mondo circense alla devastazione della Seconda Guerra Mondiale. Due sequenze che segnano subito uno squarcio negli occhi dello spettatore. La bellezza, i colori e la magia del circo vengono spazzati via dalla distruzione militare.
Mainetti è indubbiamente a suo agio quando si parla di supereroi, e Lo chiamavano Jeeg Robot ce lo ricorda bene. Ma in Freaks Out questo tema assume dei connotati ancor più profondi e centrali.
In questo contesto magico e sfarzoso, che ricorda molto il circo di The Greatest Showman, si elevano i quattro protagonisti. I quattro freaks sono superoeroi che non sanno di esserlo. Temono il loro essere diversi e per questo rifuggono dalla vita quotidiana vedendo nel circo la loro unica ragione di vita.
Ma come in tutti i film d’avventura è dalle difficoltà più dure che si nota la stoffa dell’eroe.
Durante la proiezione in sala ho notato una marea di citazioni e influenze che hanno arricchito il film: inevitabile è il rimando al Bastardi senza gloria di Tarantino, ma anche ad autori più di nicchia come come Garth Ennis e il suo Le avventure della brigata fucilieri. E sono ancor più ben rappresentate anche le influenze italiane legate a Monicelli e Fellini.
Tutti aspetti positivi che vanno a mitigare l’unica nota negativa che ho colto: Freaks Out si risolve con un atto finale davvero lungo e confuso in certi momenti.